Nel condominio le realizzazioni tecniche devono rispettare il decoro dell’edificio. Lo conferma la Cassazione nell’ordinanza 17290/2023.
A originare il caso una condòmina che citava in giudizio il vicino per ottenere la rimessione in pristino dell’edificio dalle opere da lui realizzate consistenti nella trasformazione di luci in vedute, nell’abusiva realizzazione di una fognatura e nell’indebito allargamento di uno spazio di isolamento, edificato in danno della condomina, sconfinando nella sua proprietà. Il vicino, negando di avere compiuto le opere, ribaltava il tutto presentando domanda riconvenzionale con cui affermava che le opere illegittime erano state invece realizzate proprio dalla sua vicina, opere che stravolgevano la facciata con la copertura ad intonaco e il cambiamento degli infissi. Pertanto ne chiedeva la rimozione anche se le opere erano state autorizzate dal Comune. Il Tribunale in primo grado aveva riconosciuto le ragioni della condomina, non così la Corte di appello che riformava la sentenza e le ordinava la riduzione in pristino dell’esterno del fabbricato. Via la copertura con intonaco andava ripristinato l’originario stato con pietre a vista.
La Corte di appello osservava che la copertura con intonaco della metà superiore della palazzina era una innovazione, che avrebbe richiesto il consenso dell’altro condòmino vicino, essendo tale da alterare il decoro architettonico dell’edificio.
La Cassazione rigettava il ricorso della proprietaria, in particolare, nel motivo per cui il rifacimento dell’intonaco aveva riguardato le sole parti dell’edificio in cui insisteva la sua abitazione, con la costruzione di un cappotto termico, per l’efficientamento energetico della struttura. La Suprema corte rilevava che, nonostante la condomina sottolineasse che le facciate dei due piani si sarebbero presentate sin dall’origine non omogenee, il pregiudizio all’aspetto estetico dell’edificio era evidente e l’intervento di efficientamento energetico non bastava a giustificarlo. Risultava lesa l’armonia e l’unità delle linee di stile, rilevante anche per i fabbricati che non rivestono particolare pregio artistico o estetico. Inoltre l’alterazione architettonica delle linee decorative e delle caratteristiche estetiche non necessariamente deve implicarne la radicale deturpazione che rappresenta un di più rispetto alla semplice e rilevante menomazione o deterioramento (Cassazione ordinanza 18928/2020). Condivisibile perciò la condanna in appello alla riduzione in pristino.
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