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29/03/2023


Il patto di prova apposto ad un contratto di lavoro deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l'oggetto, la quale può essere operata anche con riferimento alle declaratorie del contratto collettivo, sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata, sicché, se la categoria di un determinato livello accorpi un pluralità di profili, è necessaria l'indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria.
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14/03/2023


Con l’ordinanza suddetta la Cassazione afferma che l’utilizzo di espressioni sconvenienti, con modalità di scherno, sull’orientamento sessuale di un collega, giustifica il licenziamento del lavoratore. Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver rivolto frasi sconvenienti ed offensive (quali: “ma perché sei uscita incinta pure tu?”, “ma perché non sei lesbica tu?”, “e come sei uscita incinta?”) nei confronti di una collega alla presenza di altre persone. La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo sproporzionata la sanzione espulsiva rispetto all’addebito. La Cassazione rileva, preliminarmente, che la valutazione operata dal giudice di merito non è conforme ai valori presenti nella realtà sociale ed ai principi dell'ordinamento, evidenziando un comportamento contrario soltanto alle regole della buona educazione e degli aspetti formali del vivere civile. La condotta addebitata al dipendente si pone, invece, in contrasto con valori ben più pregnanti, ormai radicati nella coscienza generale ed espressione di principi generali dell'ordinamento. Per la sentenza, infatti, costituisce innegabile portato dell’evoluzione della società, l’acquisizione della consapevolezza del rispetto che merita qualunque scelta di orientamento sessuale e del fatto che essa attiene ad una sfera intima e assolutamente riservata della persona. Secondo i Giudici di legittimità, l’importanza di tale aspetto è dimostrata anche dalla circostanza che il legislatore, negli ultimi anni, ha previsto discipline antidiscriminatorie tese ad impedire o a reprimere forme di discriminazione legate al sesso. Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, dichiarando legittimo il licenziamento dalla stessa irrogato.
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13/03/2023


Lo scarso rendimento non può essere di per sé dimostrato dai plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, perché ciò costituirebbe una indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite.
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07/03/2023


In tema di responsabilità contrattuale per inadempimento delle obbligazioni professionali (tra le quali si collocano quelle di responsabilità medica, anteriormente alla I. n. 24 del 2017), è onere del creditore-danneggiato provare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), il nesso di causalità, secondo il criterio del "più probabile che non", tra la condotta del professionista e il danno lamentato, mentre spetta al professionista dimostrare, in alternativa all'esatto adempimento, l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile, da intendersi nel senso oggettivo della sua inimputabilità all'agente.
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03/03/2023


In tema di licenziamento disciplinare, qualora il comportamento addebitato al lavoratore, consistente nel rifiuto di rendere la prestazione secondo determinate modalità, sia giustificato dall'accertata illegittimità dell'ordine datoriale e dia luogo pertanto a una legittima eccezione d'inadempimento, il fatto contestato deve ritenersi insussistente perché privo del carattere dell'illiceità, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria attenuata, prevista dall'articolo 18, comma quarto, della legge 300/70, come modificato dalla legge 92/2012. Ai sensi dell'articolo 2087 c.c. il datore di lavoro è tenuto ad apprestare mezzi adeguati di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di denaro, nonché delle plurime reiterazioni di rapine in un determinato arco temporale. Ne consegue che è illegittimo il licenziamento della cassiera accusata di non essersi opposta alla spesa di alcuni avventori che si erano poi rifiutati di pagarne una parte del prezzo atteso che è il datore di lavoro ad essere inadempiente rispetto al suo obbligo di protezione del personale dipendente.
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27/02/2023


In tema di domanda di risarcimento per responsabilità sanitaria, si osserva come la natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale deve essere interpretata, rispettivamente, nel senso di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica e come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze derivanti dall'evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitone, attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia minima di apprezzabilità, procedendo ad un accertamento concreto e non astratto, dando ingresso a tutti i mezzi di prova normativamente previsti, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni.
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23/02/2023


La Cassazione Civile Sezione Lavoro, con sentenza 4 gennaio 2023, n. 171, ha stabilito che la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro, da individuare sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, costituisce un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, rimanendo la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto e che siano idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce un apprezzamento di fatto delle risultanze processuali.
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22/02/2023


A rivolgersi al giudice di pace il titolare di un negozio facente parte di un condominio, nonché condòmino. Impugnava la delibera assunta dall'assemblea e chiedeva la condanna al pagamento in suo favore di un indennizzo in base all'articolo 843 del Codice civile per aver subìto notevoli pregiudizi all'esercizio commerciale, avendo per un periodo abbastanza lungo (138 giorni) sopportato l'installazione dei ponteggi davanti all'ingresso del proprio locale per l'esecuzione di alcuni lavori sulla facciata condominiale. La domanda veniva rigettata dal giudice di pace, di diverso avviso il Tribunale. Quest’ultimo osservava infatti che oggetto della domanda del condòmino non era il risarcimento dei danni causati dall'appaltatore, rispetto ai quali la responsabilità del condominio è esclusa, ma la richiesta dell'indennità dovuta dal condominio al proprietario per l'occupazione del fondo, ovvero dell’area davanti al suo negozio. Secondo il giudicante, quanto previsto dall'articolo 843 del Codice civile è applicabile anche al condominio e spetta l'indennità liquidata in via equitativa al proprietario che ha tollerato l’esecuzione dei lavori sul proprio fondo, anche in mancanza di una specifica prova in ordine al danno subìto. L'installazione dei ponteggi aveva oscurato l'insegna e l'ingresso comportando inevitabilmente delle ricadute negative in termini di perdita di visibilità e, di conseguenza, di perdita di clientela.
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22/02/2023


In tema di licenziamento discriminatorio, in forza dell'attenuazione del regime probatorio ordinario introdotta per effetto del recepimento delle direttive n. 2000/78/CE, n. 2006/54/CE e n. 2000/43/CE, così come interpretate dalla CGUE, incombe sul lavoratore l'onere di allegare e dimostrare il fattore di rischio e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi, mentre il datore di lavoro deve dedurre e provare circostanze inequivoche, idonee ad escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria del recesso.
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13/02/2023


In tema di responsabilità dell'appaltatore per difetti di costruzione di un immobile condominiale, ai sensi degli articoli 1667 e 1668 del Cc, se ad agire in giudizio è il singolo condòmino, egli, in difetto di un idoneo titolo negoziale preesistente legittimante la rappresentanza comune, può ottenere, con riferimento ai danni delle parti comuni, il risarcimento corrispondente alla sua quota parte sull'intero, spettando invece ai singoli proprietari la legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni provocati agli immobili di proprietà esclusiva, con esclusione del litisconsorzio necessario (Nel caso di specie, pur accogliendo la domanda degli attori avanzata a titolo di risarcimento dei danni derivanti dai vizi dell'immobile acquistato, il giudice adito ha ritenuto parzialmente fondato il rilievo secondo il quale quest'ultimi erano privi della legittimazione a far valere i vizi attinenti alle parti comuni condominiali: ne è scaturita quale conseguenza, che dalla somma indicata dal Ctu come corrispondente ai costi delle opere da eseguire al fine di risolvere tutte le problematiche lamentate dagli attori, dovevano essere detratti gli importi inerenti alle opere di ripristino delle suddette parti condominiali, in quanto, nella circostanza, i danneggiati avevano omesso di indicare la propria quota di spettanza dei beni suddetti né avevano richiesto la liquidazione "pro quota" dei danni alle parti comuni, da escludere pertanto dall'entità della somma risarcibile).
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09/02/2023


Il giudicato di assoluzione nel processo penale non determina l'automatica archiviazione del procedimento disciplinare perché, fermo restando che il fatto non può essere ricostruito in termini difformi, non si può escludere che lo stesso, inidoneo a fondare una responsabilità penale, possa comunque integrare un inadempimento sanzionabile sul piano disciplinare; il giudice del lavoro adito con impugnativa di licenziamento, che sia stato comminato in base agli stessi comportamenti che furono oggetto di imputazione in sede penale, non è obbligato a tener conto dell'accertamento contenuto nel giudicato di assoluzione del lavoratore, ma ha il potere di ricostruire autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti materiali e di pervenire a valutazioni e qualificazioni degli stessi svincolate dall'esito del procedimento penale.
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30/01/2023


La comunicazione indicativa della riduzione di personale quale ragione del licenziamento soddisfa il disposto legislativo, anche nella sua nuova formulazione, poiché consente di individuare esattamente il motivo del recesso. Ulteriori elementi, quali, tra gli altri, i criteri di scelta del lavoratore da licenziare, attengono non già alla ragione del licenziamento ma alla concreta attuazione della determinazione datoriale anche esplicitata attraverso la modalità di selezione dei lavoratori interessati dal recesso
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30/01/2023


L’illecito amministrativo di cui all'articolo 22, quarto e undicesimo comma, del codice della strada, secondo cui sono vietate le trasformazioni di accessi o di diramazioni già esistenti nonché le variazioni nell'uso di questi, se non autorizzate dall'ente proprietario della strada, è integrato allorché siano alterate le condizioni, non solo dell'innesto (ossia dello sbocco direttamente confinante e prospiciente con la strada pubblica da cui avviene l'accesso), ma anche dell'ingresso che ricade nella proprietà privata (ossia del percorso attraverso cui tale accesso avviene, sia esso una rampa, una scarpata o piuttosto una derivazione posta sullo stesso piano della strada pubblica). La ratio di tale lettura risiede nel fatto che non solo la collocazione topografica dell'invito (ossia del punto in cui avviene l'accesso), ma anche la concreta conformazione del correlato percorso, valgono ad assicurare la sicurezza della circolazione e la piena viabilità e fluidità dello sbocco sulla strada pubblica, requisiti la cui valutazione è rimessa all'ente proprietario della strada, preposto al rilascio dell'autorizzazione. Anche il mutamento della sezione di tale accesso o diramazione, ovvero delle sue caratteristiche plano-altimetriche, pertanto, ricade nella condotta sanzionata, ove non sia stato sottoposto al previo vaglio dell'ente proprietario.
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23/01/2023


L'art. 2051 c.c. individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva; in particolare, detta disposizione pone una presunzione di responsabilità "iuris tantum" a carico del "custode" per i danni derivanti dall'intrinseco determinismo delle cose. Laddove si ricada in tale ipotesi, quindi, è sufficiente, per il danneggiato, provare l'esistenza di un effettivo nesso causale tra la cosa ed il danno subìto, spettando, invece, al custode di provare il "caso fortuito", cioè il fatto estraneo alla sua sfera di controllo, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità. Nell'eventualità della persistenza dell'incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del custode il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento.
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18/01/2023


In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sebbene non sussista un onere del lavoratore di indicare quali siano i posti disponibili in azienda ai fini del "repêchage", gravando la prova della impossibilità di ricollocamento sul datore di lavoro, tuttavia, una volta accertata, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, tale impossibilità, la mancanza di allegazioni del lavoratore circa l'esistenza di una posizione lavorativa disponibile vale a corroborare il descritto quadro probatorio.
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11/01/2023


Anche se non espressamente escluse dal Ccnl, le assenze dal lavoro dovute al ricovero ospedaliero per un intervento chirurgico tumorale e quelle successive per le terapie chemioterapiche e radioterapiche legate alla patologia oncologica non ricadono nel periodo di comporto. La peculiarità e la gravità delle malattie tumorali è tale che, quand’anche non espressamente ricomprese dal contratto collettivo tra le patologie escluse dal comporto, esse non devono essere conteggiate ai fini del superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro in costanza di malattia. Il Tribunale di Roma (sentenza 9384 del 2 gennaio 2023) osserva che numerosi contratti collettivi contemplano, tra le ipotesi escluse dal computo del periodo massimo di malattia, proprio le patologie oncologiche. Il giudice capitolino è consapevole che tali malattie non sono disciplinate in modo omogeneo e, tuttavia, la circostanza che, in molti casi, la contrattazione collettiva le includa tra le ipotesi sottratte alla maturazione del comporto consente di ampliarne il raggio d’azione ai rapporti di lavoro in cui il Ccnl non prevede questa fattispecie esimente in modo specifico. Se il Ccnl stabilisce altre ipotesi escludenti rispetto alla maturazione del periodo massimo di malattia, decorso il quale scatta il licenziamento, una loro interpretazione estensiva consente di ricomprendere nella stessa esenzione altre gravi malattie come le patologie tumorali. Sulla scorta di questo principio, il giudice del lavoro di Roma ha ritenuto che, poiché il Ccnl applicato al rapporto di lavoro escludeva dal periodo di comporto «i giorni necessari alla fecondazione assistita» e quelli «per le cure elio-balneo-termali», in questo stesso contesto dovevano essere ricomprese le assenze riconducibili alla patologia oncologica. A supporto di questa tesi, il Tribunale di Roma afferma che il diritto costituzionalmente tutelato alla salute (articolo 32) gioca un ruolo decisivo nelle situazioni in cui, a fronte di una grave condizione di malattia, il contratto collettivo non disponga una tutela rafforzata contro il licenziamento per superamento del periodo di comporto. Dunque, se il Ccnl prevede altre patologie gravi, alle quali non si applica la disciplina del comporto, una lettura costituzionalmente orientata della norma collettiva impone di estenderne l’efficacia ad altre ipotesi, anch’esse connotate da una condizione di gravità, come le patologie tumorali.
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04/01/2023


La Cassazione, con ordinanza 36573/2022 torna sul tema dell'efficacia probatoria dei verbali ispettivi in materia contributiva, dando un'applicazione pratica ai principi espressi da una storia giurisprudenziale ormai abbastanza risalente e consolidatasi su alcuni punti fermi. La questione, che ripropongono spesso le controversie nelle quali la pretesa contributiva è affidata a un verbale di accertamento del quale viene contestata la regolarità formale e la fondatezza nel merito, attiene sostanzialmente al fatto che il verbale ispettivo spesso rappresenta l'unica fonte di prova dell'obbligo contributivo. Tale circostanza impone di valutarne a fondo il grado di efficacia probatoria, soprattutto alla luce dell'applicazione del principio contenuto nall'articolo 116 del Codice procedura civile, secondo cui il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento. Ebbene, secondo la Cassazione, la violazione dell'articolo 116 del Codice procedura civile è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel procedimento di valutazione della prova, non abbia operato secondo il suo prudente apprezzamento in assenza di altra indicazione normativa, attribuendo alla prova stessa un diverso valore (ad esempio di prova legale), oppure quando – è il caso inverso – in presenza di una prova legale il giudice abbia dichiarato di valutarla secondo il suo prudente apprezzamento. Al di là di queste ipotesi, la valutazione della prova in Cassazione è possibile passando solo in presenza di gravissimi vizi motivazionali (articolo 360, primo comma, numero 5 del Codice procedura civile - si veda Cassazione 20867/2020). Ciò premesso, per quanto contenuto nei verbali di accertamento in materia contributiva, si distinguono tre gradi di efficacia, secondo una distinzione non sempre del tutto agevole. 1) I fatti direttamente percepiti dagli ispettori, elementi che fondano prove legali precostituite insuscettibili di prova contraria (articolo 2700 del Codice civile). In quest'ambito confluiscono oltre ai fatti direttamente percepiti dall'ispettore, quelli da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, e comunque tutte quelle circostanze apprese senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale (per esempio, la provenienza del documento, la sottoscrizione delle dichiarazioni, le generalità). 2) Le acquisizioni indirette, area omogenea in cui confluiscono i fatti riportati nelle dichiarazioni raccolte e le qualificazioni fattuali operate dagli ispettori, con il limite delle valutazioni e considerazioni a carattere squisitamente soggettivo. È questa sicuramente la parte più significativa dei verbali, in quanto le omissioni e violazioni in materia di lavoro e previdenza assai raramente si verificano nell'atto in cui l'ispettore compie l'accertamento o in presenza dei verbalizzanti. L'ispettore trae le proprie conclusioni spesso fondandosi sul contenuto di dichiarazioni rese da terzi o sulla conoscenza indiretta dei fatti (procedimento indiziario). Escluso il valore di piena prova che invece riguarda le acquisizioni dirette, la giurisprudenza ha precisato che è su questi elementi che il giudice esercita una valutazione generale in base all’articolo 116 del Codice procedura civile. In generale, il materiale probatorio di questo tipo è dunque liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente, qualora lo specifico contenuto probatorio o il concorso d'altri elementi renda superfluo l'espletamento di ulteriori mezzi istruttori (Cassazione 15073/2008). 3) Le valutazioni soggettive: rientrano in quest'area le deduzioni e considerazioni di impronta soggettiva, come, ad esempio, le qualificazioni e/o valutazioni giuridiche del rapporto di lavoro, la cui attendibilità è solo indiretta, nel senso che procede dal corredo probatorio che viene allegato, senza alcuna efficacia probatoria precostituita. Esiste nell'ordinamento una norma che regola l'efficacia probatoria del contenuto dei verbali ispettivi: l'articolo 10, quinto comma, del Dlgs 124/2004 afferma espressamente che i verbali ispettivi sono fonti di prova in base alla normativa vigente relativamente agli elementi di fatto acquisiti e documentati e possono essere utilizzati per l'adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori, amministrativi e civili da parte di altre amministrazioni interessate. Sulla base di queste premesse, la Cassazione rileva che eventuali doglianze sul giudizio probatorio devono essere fondate sulla specifica individuazione di fatti contenuti nel verbale per i quali il giudice abbia eventualmente non applicato la regola di giudizio del prudente apprezzamento, valutandoli invece come elementi di prova dotati di fede privilegiata. In altre parole, la critica non può essere generica quando risulti dalla sentenza che il giudice ha attribuito ai fatti contenuti nel verbale una sufficiente attendibilità e consonanza con gli altri elementi acquisiti nel giudizio, tenendo conto anche degli altri elementi probatori acquisiti. Secondo questa giurisprudenza, la decisione del giudice può anche basarsi in esclusiva sul verbale ispettivo, purché risultino adeguatamente motivati i profili di attendibilità dei fatti ivi contenuti e vi siano elementi di conferma delle circostanze anche in altri elementi acquisiti nel giudizio. E non rileva in alcun modo la provenienza di tali elementi (se dalla difesa dell'ente o da quella della parte privata), in quanto ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legalmente utilizzata ai fini della decisione indipendentemente dalla sua provenienza (si veda Cassazione 23490/2020).
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03/01/2023


Il principio della necessità della contestazione immediata, sia pure sommaria, delle ragioni poste a base del recesso per giusta causa, con la conseguente preclusione di dedurre successivamente fatti diversi da quelli contestati, opera sia per il rapporto di lavoro subordinato che per quello di agenzia - data l'analogia dei due rapporti - ma in relazione solo al recesso del datore di lavoro o del preponente, mentre il recesso per giusta causa (con conseguente diritto all'indennità per mancato preavviso) del lavoratore o dell'agente non è invece condizionato ad alcuna formalità di comunicazione delle relative ragioni, sicché, a tal fine, può tenersi conto anche di comportamenti (del datore di lavoro o del preponente) ulteriori rispetto a quelli lamentati nell'atto di recesso (del lavoratore o dell'agente.
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03/01/2023


In tema di licenziamento, le condizioni richieste per la sussistenza del giustificato motivo oggettivo sono due: a) la effettività delle esigenze aziendali richiamate nella motivazione del licenziamento; b) un preciso nesso di causalità tra tali esigenze e il licenziamento. Nel giudizio di impugnazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la "causa petendi" è costituita dall'inesistenza di fatti giustificativi del potere spettante al datore di lavoro, gravando su quest'ultimo l'onere di provare la concreta sussistenza delle ragioni inerenti all'attività produttiva e l'impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita. L'onere probatorio in ordine alla sussistenza dei suddetti presupposti può essere assolto dal datore di lavoro anche mediante il ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione di posti assegnabili.
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03/01/2023


Qualora il lavoratore agisca in giudizio per conseguire le retribuzioni allo stesso spettanti, ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro quale fatto costitutivo del diritto azionato, mentre incombe al datore di lavoro che eccepisce l'avvenuta corresponsione delle somme richieste, l'onere di fornire la prova di siffatta corresponsione. Tale principio vale sia per la retribuzione mensile, sia per la tredicesima mensilità (che costituisce una sorta di retribuzione differita), sia per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (che integra parimenti una componente del trattamento economico costituendo in buona sostanza una sorta di accantonamento da parte del datore di lavoro), sia per il pagamento delle ferie non retribuite (atteso che l'obbligo di corrispondere la retribuzione incombe anche nel periodo in cui il lavoratore usufruisce delle ferie, che costituiscono un diritto irrinunciabile costituzionalmente garantito ai sensi dell'art. 36 Cost., comma 3). Ove pretenda, poi, il compenso per lavoro straordinario, il lavoratore deve, altresì, dimostrare rigorosamente la relativa prestazione e, almeno in termini sufficientemente concreti e realistici, i suoi elementi quantitativi.
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03/01/2023


L’ordine di trattazione delle questioni, contenuto nell’art. 276, comma II, c.p.c., lascia libero il giudice di scegliere, tra varie questioni di merito, quella che ritiene “più liquida”, ma al contempo gli impone di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito. La violazione di regola siffatta costituisce una causa di nullità del procedimento, che rimane tuttavia sanata se non venga fatta valere con l’impugnazione ovvero, nell’ipotesi ove la parte che ne risulti svantaggiata sia quella vittoriosa in primo grado ed appellata, attraverso l’appello incidentale. Da ultimo (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 13 settembre 2022, n. 26850) è stato chiarito che nel caso in cui l'attore in primo grado abbia ottenuto il rigetto nel merito dell'avversa domanda riconvenzionale, sulla cui inammissibilità per tardività, pure eccepita, il giudice non si sia pronunciato, la questione oggetto dell'eccezione pregiudiziale di rito può essere devoluta alla cognizione del giudice di secondo grado solo con le forme e i modi dell'appello incidentale, non essendo all'uopo sufficiente la mera riproposizione dell'eccezione in appello.
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28/12/2022


La Cassazione afferma che il dipendente costretto all’inattività dal datore ha diritto, anche, al risarcimento del danno non patrimoniale, posto che l’illegittimo demansionamento può integrare una violazione dell’art. 2087 c.c. Il fatto affrontato Il dipendente, dopo essere stato lasciato per un lungo periodo inoperoso, ricorre giudizialmente per chiedere, da un lato, l’accertamento dell’integrazione del mobbing ad opera della società e, dall’altro, il risarcimento del danno patrimoniale e morale causato dall’illecita condotta datoriale. La Corte d’Appello accoglie parzialmente la predetta domanda, ammettendo l’avvenuto demansionamento, ma riconoscendo al ricorrente solo un ristoro del danno patrimoniale pari ad € 48.450,00 e non anche un risarcimento per il danno morale in assenza di una preventiva richiesta di indennizzo all’INAIL. La sentenza La Cassazione - ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che le prestazioni eventualmente erogate dall'INAIL non possono esaurire di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato. Per la sentenza, ne consegue che il dipendente può richiedere al datore il risarcimento del danno c.d. "differenziale", allegando in fatto circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, ed il giudice può liquidare la somma dovuta dal datore detraendo dal complessivo valore monetario del danno civilistico quanto indennizzabile dall'INAIL. A tal fine, secondo i Giudici di legittimità, è sufficiente che il lavoratore deduca circostanze che provino la violazione delle regole di cui all'art. 2087 c.c., che - in quanto norma di cautela avente carattere generale - è idonea a concretare la responsabilità penale. Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del dipendente, riconoscendo il diritto del medesimo ad ottenere il risarcimento anche per il danno non patrimoniale.
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27/12/2022


È configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra l'elemento obiettivo, integrato da una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la persona, interni al rapporto di lavoro, e quello soggettivo dell'intendimento persecutorio nei confronti della vittima e ciò a prescindere dalla illegittimità intrinseca di ciascun comportamento, in quanto la concreta connotazione intenzionale colora in senso illecito anche condotte altrimenti astrattamente legittime.
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22/12/2022


In tema di azione per risarcimento, ai sensi dell'art. 2087 c.c., per danni cagionati dalla richiesta o accettazione di un'attività lavorativa eccedente rispetto alla ragionevole tollerabilità, il lavoratore è tenuto ad allegare compiutamente lo svolgimento della prestazione secondo le predette modalità nocive ed a provare il nesso causale tra il lavoro così svolto e il danno, mentre spetta al datore di lavoro, stante il suo dovere di assicurare che l'attività di lavoro sia condotta senza che essa risulti in sé pregiudizievole per l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, dimostrare che viceversa la prestazione si è svolta, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, con modalità normali, congrue e tollerabili per l'integrità psicofisica e la personalità morale del prestatore.
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19/12/2022


La caparra confirmatoria ha una funzione complessa, essendo volta a garantire l'esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte; consente, inoltre, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice e infine contiene una quantificazione preventiva e forfettaria dell'entità del danno derivante dal recesso, cui la parte sia stata costretta a causa dell'altrui inadempimento. In tal caso, la facoltà di trattenere la caparra è esclusa solo se la parte non inadempiente, in luogo di esercitare il recesso, chieda in giudizio la risoluzione del contratto e l'integrale risarcimento del danno, in applicazione delle regole generali in tema di risoluzione contrattuale.
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19/12/2022


La responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell'azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita.
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12/12/2022


In tema di obblighi datoriali di salute e sicurezza, al di là delle denominazioni delle varie fattispecie astrattamente configurabili (mobbing, straining, stress lavoro-correlato) lungo la falsariga della responsabilità dolosa o anche colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute secondo il paradigma di cui all'art. 2087 c.c., è comunque configurabile la responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento - imputabile anche solo per colpa - che si ponga in nesso causale con un danno alla salute e ciò secondo le regole generali sugli obblighi risarcitori conseguenti a responsabilità contrattuale (artt. 1218 e 1223 c.c.); si resta invece al di fuori della responsabilità ove i pregiudizi derivino dalla qualità intrinsecamente ed inevitabilmente usurante della ordinaria prestazione lavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili.
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05/12/2022


Deve essere confermata la sentenza di appello che abbia escluso la configurabilità del demansionamento e del mobbing ai danni di una dipendente se la sottrazione delle sue competenze sia stata in realtà la conseguenza dell'adozione di un nuovo assetto organizzativo dell'azienda.
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15/11/2022


La tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, st. lav. novellato, applicabile ove sia ravvisata l'"insussistenza del fatto contestato", comprende l'ipotesi di assenza ontologica del fatto e quella di fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità.
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07/11/2022


Malattia - Svolgimento di attività extralavorative - Obbligo di buona fede e correttezza - Violazione - Licenziamento - Proporzionalità della sanzione - Sussiste Deve essere confermata la sentenza di merito che abbia ritenuto legittimo e proporzionato il licenziamento per giusta causa del dipendente, con mansioni di operatore sanitario, che durante l'assenza per malattia abbia svolto attività lavorativa per proprio conto presso il bar di sua proprietà. Siffatta condotta, infatti, è assolutamente contraria agli obblighi di buona fede e correttezza nell'esecuzione della prestazione, lasciando presumere la simulazione della patologia dichiarata dallo stesso lavoratore che, in ogni caso, non era tale da impedire al dipendente lo svolgimento dell'attività di lavoro.
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02/11/2022


È legittimo il licenziamento del dipendente che presenti una denuncia querela contro la società non per rimuovere una situazione di illegalità o per tutelare i suoi diritti ma con la volontà di danneggiare il datore di lavoro per vendicarsi del mancato riconoscimento delle proprie rivendicazioni. Infatti, l'esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall'art. 333 c.p.p., è fonte di responsabilità quando il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distorta, ossia agendo nella piena consapevolezza della insussistenza dell'illecito o della estraneità allo stesso dell'incolpato.
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24/10/2022


Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 87 del 2017 e della salvezza del testo dell'articolo 13, comma 5, della Iegge 431/1998, introdotto dall'articolo 1, comma 59, della Iegge n. 208 del 2015, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati a iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del Dlgs n. 23 del 2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione dell'articolo 1, comma 346 della Iegge 311/2004, risultano validi ed efficaci, in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validità del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal Dlgs n. 23 del 2011 e dalla successiva proroga di cui alla legge n. 47 del 2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l'indennità di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo su indicato sono dovuti nell'ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorché l'intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell'articolo 1, comma 346, retroagisca, giusta Cassazione, Sezioni Unite, n. 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto. (M. Pis.)
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03/10/2022


I requisiti della immediatezza e tempestività condizionanti la validità del licenziamento per giusta causa sono compatibili con un intervallo temporaneo, quando il comportamento del lavoratore consti di una serie di fatti che, convergendo a comporre un'unica condotta, esigono una valutazione globale ed unitaria da parte del datore di lavoro.
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03/10/2022


Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, costituisce elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo, la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non già soltanto al suo risultato.
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26/09/2022


In tema di diffamazione commessa mezzo stampa o con altri mezzi di comunicazione di massa, l'applicazione dei criteri orientativi per la quantificazione equitativa del danno, basati su un livello crescente di intensità della lesione arrecata, approvati dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano con individuazione di cinque categorie di diffamazione, comporta che il danno sia collegato, tra l'altro, all'oggettiva portata offensiva della notizia che è stata diffusa, alla notorietà del diffamante, alle ricadute negative sulla reputazione nella sfera personale, professionale e sociale nonché al grado di disagio e sofferenza che inevitabilmente ne è conseguito per l'offeso, alla risonanza mediatica suscitata dalle notizie diffamatorie, al mezzo con il quale è stata diffusa la notizia, all'accertamento circa la reiterazione delle condotte offensive. Sulla scorta di tali parametri, l'Osservatorio individua poi cinque categorie di diffamazione, che consentono di indicare criteri orientativi per la liquidazione del danno (Nel caso di specie, in cui la condotta diffamatoria, accertata in via definitiva in sede penale, era stata perpetrata attraverso l'utilizzo del social network "Facebook", il giudice adito, valutate complessivamente tutte le circostanze del caso concreto, ha accolto la domanda risarcitoria, stimando applicabile lo scaglione individuato dall'Osservatorio milanese con riferimento alle diffamazioni di media gravità, e ciò nonostante l'obiettiva molto rilevante gravità delle suddette offese, in ragione: della scarsa notorietà del diffamante, del mezzo con cui era stata perpetrata la predetta diffamazione, della scarsa diffusività del mezzo; della quasi inesistente risonanza mediatica; della limitata riconoscibilità del diffamato da parte dei soggetti che non conoscevano le parti in causa).
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19/09/2022


Il potere di infliggere sanzioni disciplinari e di proporzionare la gravità all'illecito accertato rientra nel potere di organizzazione in capo al datore di lavoro, onde è riservato esclusivamente allo stesso e neppure, quanto alla riduzione della gravità della sanzione, può essere esercitato d'ufficio dal giudice, salvo il caso in cui il datore abbia superato il massimo edittale e la riduzione consista perciò soltanto in una riconduzione al limite.
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14/09/2022


La necessità che il fatto (di cui al comma 4 art. 18, legge n. 300/1970 e comma 2, art. 3 dlgs n. 23/2015) che supporta il licenziamento sia delineato esattamente in sede di contestazione risulta coerente anche con la esigenza di riconoscere idonee garanzie di difesa al lavoratore in sede di giustificazioni, essendo evidente che il fatto da provare da parte del datore di lavoro risenta anche delle giustificazioni fornite dal primo, che, ove esaustive e dirimenti, potrebbero indurre il datore anche a desistere dal proseguire nel procedimento disciplinare ed a non irrogare la sanzione espulsiva rispetto alla quale la contestazione dell'addebito era funzionale.
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13/09/2022


La condotta del datore di lavoro, in fattispecie di accertamento della responsabilità per mobbing, può essere valutata anche ai fini dell'accertamento dello straining, oltreché dello stress lavoro correlato. Sotto questi profili la giurisprudenza si muove verso una valutazione complessiva dei comportamenti datoriali, anche alla ricerca dei parametri della plurioffensività. La recente decisione Cass. 24339/2022 si allinea a questa tendenza di una valutazione globale dei fenomeni giuridici evidenziabili
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12/09/2022


Con l'interessante provvedimento n. 1003484 il Garante della Privacy ha chiarito che l’installazione di finte telecamere è illegittima in quanto "può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi pubblici e privati". Ne consegue quindi che, seppur non vietate e quindi non illecite, le telecamere finte o non funzionanti sono comunque illegittime. Queste infatti possono generare un condizionamento dei movimenti di chi si ritiene sorvegliato. E' quindi possibile rilevare responsabilità in capo al soggetto che abbia deciso di installarle.
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12/09/2022


La capacità a testimoniare differisce dalla valutazione sull'attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, atteso che l'una, ai sensi dell'articolo 246 del Cpc, dipende dalla presenza di un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti e anche all'eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità.
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12/09/2022


In tema di consulenza tecnica d'ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice. L'esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici. Peraltro, il provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l'attività espletata dal consulente sostituito.
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05/09/2022


Se da una parte l’azienda ha il potere di determinare il periodo di fruizione delle ferie, dall’altra è tenuta a consentire al personale di organizzarsi per beneficiarne in concreto, sulla base di un equilibrato soddisfacimento delle posizioni contrapposte. È quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 24977/2022. ❗️ I giudici ribadiscono infatti che il periodo di ferie deve tenere conto degli interessi del lavoratore e dunque non può risultare vessatorio nei suoi riguardi: le sue legittime esigenze vanno considerate dall’azienda, assicurando una programmazione che consenta “il ristoro effettivo delle energie psicofisiche”. In caso contrario, il monte ore deve essere ripristinato perché decurtato illegittimamente.
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31/08/2022


Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'articolo 2932 del codice civile, ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Non ne costituisce invece fatto condizionante anche il cosiddetto buon fine dell'affare, ossia la regolare esecuzione del rapporto da parte dei contraenti, salva speciale pattuizione che subordini il pagamento del compenso al buon fine dell'affare o ad altro evento.
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03/08/2022


..imperita esecuzione della prestazione professionale del dottore commercialista
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26/07/2022



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25/07/2022


Qualora il rapporto di collaborazione a progetto si risolva per effetto della manifestazione di volontà del collaboratore di voler recedere dal rapporto, ovvero cessi per la sua naturale scadenza, l'azione per l'accertamento del rapporto di lavoro subordinato è esercitabile nei termini di prescrizione, senza essere assoggettata al regime decadenziale di cui all'art. 32, comma 3, lett. b), L. 183/2010. Il regime indennitario istituito dall'art. 32, comma 5, della L 183/2010, si applica anche al contratto di collaborazione a progetto illegittimo, quale fattispecie in cui ricorrono le condizioni della natura a tempo determinato del contratto di lavoro e della presenza di un fenomeno di conversione.
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18/07/2022


Il fatto contestato ben può essere ricondotto ad una diversa ipotesi disciplinare (dato che, in tal caso, non si verifica una modifica della contestazione, ma solo un diverso apprezzamento dello stesso fatto), ma l'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di far poi valere, a sostegno della legittimità del licenziamento stesso, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell'infrazione anche diversamente tipizzata dal codice disciplinare apprestato dalla contrattazione collettiva, dovendosi garantire l'effettivo diritto di difesa che la normativa sul procedimento disciplinare, di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, assicura al lavoratore incolpato
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13/07/2022


... ai fini della configurabilità di una ipotesi di mobbing, non è condizione sufficiente l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione.
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