La Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO).
📉 Il datore che invoca esigenze organizzative deve provare tutto, in modo serio e documentato. Nessuno spazio per dichiarazioni generiche.
👩💼 Il caso concreto
Una lavoratrice viene licenziata per “riassetto aziendale”.
La società parla di tagli ai costi e riorganizzazione…
…ma non fornisce prova concreta della soppressione del posto né dell’impossibilità di reimpiego.
🧾 La Corte respinge il ricorso del datore e conferma l’illegittimità del licenziamento.
📚 Principi ribaditi dalla Cassazione
✅ Il datore ha l’onere di provare:
• la necessità della riorganizzazione
• la reale soppressione del posto
• l’impossibilità di repêchage
• il nesso causale tra riorganizzazione e licenziamento
❗ Nessun automatismo → serve riscontro documentale: atti interni, organigrammi, numeri, bilanci… non slide PowerPoint.
⚖️ Il ruolo del giudice
Non può sindacare le scelte economiche,
ma può (e deve) verificare se siano vere e coerenti.
📌 In sintesi: verifica di effettività e logicità, non di opportunità.
🚫 Il tallone d’Achille: il repêchage
Se in azienda ci sono mansioni alternative disponibili →
🔺 il licenziamento è illegittimo.
🔍 Conclusione
Il GMO non è una scorciatoia.
È una misura straordinaria, da usare solo quando ci sono:
✔️ esigenze reali
✔️ documentazione coerente
✔️ impossibilità di ricollocamento
licenziamento giustificato motivo oggettivo