10/06/2025


Con l’ordinanza in oggetto, la Corte di Cassazione torna a occuparsi di una questione centrale nella disciplina del rapporto di lavoro subordinato: la validità del patto di prova e la sua efficacia rispetto alla possibilità di recesso ad nutum del datore di lavoro. Il caso affrontato offre l’occasione per riflettere su tre temi di particolare rilievo: la forma ad substantiam del patto di prova, la retroattività del perfezionamento contrattuale mediante produzione giudiziale, e l’effettiva configurazione del rapporto lavorativo ai fini della tutela reale o obbligatoria. Il lavoratore, licenziato da una Spa per giustificato motivo oggettivo nel 2016, impugnava il recesso sostenendo che il vero datore di lavoro fosse una Srl, per la quale aveva effettivamente prestato la propria attività. Il Tribunale di Catania, dapprima, aveva ritenuto invalide le dimissioni da quest’ultima azienda (ritenute abusive e firmate in bianco) e aveva disposto la reintegra, poi convertita in indennità a seguito di opzione del lavoratore. La Corte d’Appello, in riforma integrale, aveva ritenuto che il rapporto con la Spa si fosse validamente interrotto nel dicembre 2014 per effetto della cessazione durante il periodo di prova, richiamando un presunto patto di prova sottoscritto successivamente. La Cassazione ha cassato tale pronuncia.


patto di prova licenziamento ad nutum.

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